Quando gli archetipi si fanno strumento di potere: il sogno, il mito e la religione tra Costantino e Giuliano L’Apostata

Carl Gustav Jung, caposcuola della psicologia analitica, sosteneva, a differenza del suo maestro Sigmund Freud, che esistesse un inconscio collettivo, ossia una serie di simboli condivisi da una determinata cultura, che poi venivano introiettati dal singolo.

Jung chiama questi simboli “archetipi”, parola già utilizzata dagli scrittori cristiani come una sorta di “sostituzione” degli eidos platonici: si tratterebbe, infatti, di forme ancestrali che si possono individuare nel sogno, nel mito e nella religione.

Infatti, per Jung l’uomo primitivo era portato a dare un preciso simbolismo ai fenomeni naturali ed ecco allora che nasce il mito, che altro non è che una rielaborazione dell’inconscio collettivo di fenomeni che sussistono fuori dall’uomo.

Con l’avvento del Cristianesimo, l’inconscio collettivo e, dunque, gli archetipi mutano: il mito viene sostituito con la rassicurante realtà della Chiesa Cattolica, la quale, con le sue immagini e la sua gerarchia, catalizza gli archetipi junghiani verso un’unica direzione.

Dopo questa doverosa premessa, è necessario porsi un altrettanto doverosa domanda: può esistere una storia fatta di archetipi? E, soprattutto, essi possono essere strumentalizzati a fini politici?

Ebbene, tra il III e il IV secolo D.C. il potere fu prevalentemente archetipico e basato sull’inconscio collettivo: basti pensare al Messaggio agli ateniesi dell’imperatore Giuliano L’Apostata (331 – 363 D.C.), il quale riferisce nel testo dell’epistola di aver avuto una sorta di “sogno premonitore” prima di essere acclamato Augusto dall’esercito in Gallia (360 D.C.), in cui Atena e un’altra divinità gli imponevano di accettare la carica.

Dopo la morte del cugino Costanzo II (361 D.C.) riferì di aver accettato il potere imperiale grazie a un sogno, nel quale il dio Helios (Giuliano sentiva una particolare affinità con quella divinità, tanto da comporre l’inno A Helios Re) gli avrebbe ordinato di prendere su di sé il potere imperiale.

Benché Giuliano fosse un neoplatonico di ispirazione misterica (il suo maestro, Massimo di Efeso era un teurgo, ossia una sorta di mago – filosofo), la volontà dell’ultimo imperatore pagano è ben chiara: la sua non è altro che una legittimazione del potere imperiale attraverso gli archetipi del sogno e del mito, che, ancora in parte, facevano presa su un certo strato della popolazione.

Tuttavia, la legittimazione di Giuliano vanta un precedente illustre: infatti, Costantino, nel corso della lotta con Massenzio, aveva avuto una visione di Apollo e della Dea Vittoria nel 310 D.C.

Questo particolare, in seguito sconfessato dallo stesso Costantino nella Battaglia del Ponte Milvio (312), in cui sugli scudi dei soldati pose presumibilmente il monogramma di Cristo, sicuramente ispirò Giuliano nella sua legittimazione del potere attraverso gli archetipi del sogno e del mito.

Potrebbe risultare molto strano che l’ultimo imperatore dichiaratamente pagano prendesse ispirazione da Costantino, la cui adesione reale al Cristianesimo resta una questione insoluta; tuttavia, la storia spesso è fatta di contraddizioni, ma, soprattutto di archetipi duri a morire, i quali, come si è visto, a volte hanno avuto la funzione di legittimare il potere.

 

Larissa Gaudi