Gustave Caillebotte, il dandy che ha reso immortale l’Impressionismo

Quando parliamo dell’Impressionismo subito ci balzano alla mente Monet, Renoir, Degas e Manet, solo per citare i più celebri, eppure pochi sanno che molte delle opere di questa corrente artistica di cui noi siamo fruitori debbono la loro esposizione nei musei francesi grazie alla figura di un uomo simbolo di quell’epoca. Di chi sto parlando? Naturalmente di Gustave Caillebotte. Egli nasce a Parigi nel 1848, figlio di una ricca ed agiata famiglia dell’alta borghesia, il quale si dedica allo studio dell’ingegneria navale secondo il volere paterno e solo per diletto si applica alla pittura. Il suo status sociale elevato, dopo essersi consolidato nel ramo navale dell’ingegneria, gli permette di aderire all’Impressionismo e di prendere parte ai dibattiti che si svolgono presso il caffè Guerbois, luogo simbolo del primo Impressionismo. Caillebotte nonostante dipinga per diletto è uno dei primi e più convinti collezionisti di tele impressioniste e alla sua morte la ricchissima collezione viene donata interamente allo stato affinché entri a far parte del patrimonio del Louvre. Ecco l’importanza fondamentale di questo colto intellettuale: senza di lui i capolavori dei maestri dell’Impressionismo sarebbero chissà dove se non addirittura dispersi. Morirà giovane nel 1894 non senza però aver dipinto alcuni quadri di pregevole fattura e soprattutto non senza aver compiuto il gesto più nobile che un collezionista potesse fare, donando cioè la sua collezione rendendola così nel tempo fruibile per l’intera umanità.

 

“I piallatori di parquet”: quest’opera risalente al 1875 è la più significativa di Caillebotte e soprattutto la più idonea a comprendere il suo stile e la sua concezione artistica. Il soggetto è legato alla vita quotidiana e rappresenta degli operai intenti a rasierare un parquet cioè a raschiarlo con una lama affilata. Il verismo della scena si potrebbe dire quasi fotografico. La luce penetra dalla finestra in maniera frontale e va a scivolare radente sul pavimento facendo sì che i trucioli di legno e i corpi dei lavoratori siano realisticamente messi in evidenza. Molti poi sono i riferimenti al vero: dalla bottiglia di vino con il bicchiere, agli utensili da lavoro, dalle decorazioni in stucco dorato fino all’inferriata in perfetto stile art nouveau. Si può dunque tranquillamente affermare che l’occhio dell’artista indaga la realtà senza preconcetti e nessun senso di critica sociale. Questo fa sì che venga superata la frammentarietà della visione. Infine Caillebotte grazie alla sua particolare sensibilità per l’uso della luce ha saputo donare ai suoi personaggi un vigore volumetrico e una collocazione prospettica che per certi versi si potrebbe dire persino che si riallacci alla tradizione del grande Delacroix.