Edouard Manet, un precursore della pittura impressionista

Edouard Manet nasce a Parigi nel 1832 da un’agiata famiglia della borghesia, che dopo alcuni tentativi di indirizzare il figlio verso la carriera giuridica, vi viene costretta a rinunciare dall’enorme determinazione e soprattutto dal talento cristallino di Edouard. Questa appartenenza sociale, a prima vista secondaria, sarà molto importante per Manet perché gli permetterà di vivere senza pensieri economici, una costante invece per i pittori impressionisti, ma anche di intraprendere una formazione accademica di prim’ordine. Esordisce in campo artistico ispirandosi ai suoi modelli quali i pittori del Rinascimento a cavallo dei primi anni Sessanta. Frequentava poi uomini di cultura come Baudelaire, Mallarmé e lo scrittore Zola, che sarà un carissimo amico per tutto il resto della sua vita e lo incoraggerà e lo loderà in molti dei suoi saggi e romanzi. A partire dal 1863 prende parte alle appassionate discussioni dei pittori impressionisti, che si incontravano al Cafè Guerbois di Parigi. Manet orienta la sua pittura dipingendo ciò che vede, senza preconcetti, e questa sua caratteristica assai innovativa scandalizzerà non poco il pubblico dal momento che egli mette in discussione i principi tradizionali di far pittura. Manet si misura con soggetti tradizionali quali il nudo femminile, paesaggi e ritratti interpretandoli però con un forte senso della realtà, ma non solo vi appiattisce i volumi ed elimina la prospettiva grazie alla contrapposizione tra larghe zone di colore. Inoltre egli utilizza colori privi di toni intermedi entro campiture ampie, realizzando così forti contrasti.

 

“Il bar delle Folies-Bergère”: Questo celeberrimo quadro di Manet, realizzato tra il 1881-1882 è unanimemente considerato da tutti gli storici dell’arte come il testamento spirituale dell’artista. In esso, infatti, sono ripresi tutti gli elementi caratterizzanti della sua pittura dall’amore per il realistico ed il quotidiano, al gusto per le nature morte come i bicchieri la bottiglia la fruttiera di cristallo con le arance, l’uso di colori piatti e senza chiaroscuro, alla suggestione delle luci riflesse nel grande specchio dietro al bancone. È proprio attraverso quello specchio che Manet riesce a mostrarci anche il vasto salone delle Folies-Bergère, un locale molto alla moda della Parigi del tempo. I rapidi tocchi di colore, che se ben visti da vicino sembrano quasi frantumarsi in un accostamento privo di senso, ma che osservati alla giusta distanza invece non solo ricostruiscono la descrizione della sala gremita di dame e gentiluomini, ma pure la sua atmosfera chiassosa inondata dalla luce dei grandi lampadari.

 

Severiano Scarchini